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RIMBORSO BUONI POSTALI: IL TRIBUNALE DI VICENZA ACCOGLIE IL RICORSO DELL’AVV. ANTONIO RENIS.

Una donna ascolana, difesa dall’Avv. Antonio Renis, nel 1989 aveva acquistato 4 buoni postali fruttiferi, tutti negoziati presso l’Ufficio Postale di Zovencedo (VI), tutti identici nell’importo, nella data di negoziazione e aventi tutti gli stessi tassi di interesse.

Alla scadenza dei valori, acquistati trent’anni prima, la signora si era vista ricevere circa la metà di quanto risultante dalle condizioni stampigliate sui buoni.

Al momento della negoziazione erano state illustrate alla signora le condizioni riportate sul retro di ognuno dei buoni, modificate in base al Decreto Goria del 1986 che introduceva percentuali di rendita meno favorevoli rispetto a quelle esposte nel documento originario e relative ai primi 20 anni.

Nulla era stato detto in merito agli anni successivi al ventesimo, mentre sul retro di ciascuno dei buoni in questione era rimasta l’espressa pattuizione secondo cui l’importo stabilito già al momento dell’emissione era suscettibile di produrre ulteriori interessi calcolati in misura fissa in un importo pure ivi indicato pari a £ 258.150, “per ogni bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30° anno solare successivo a quello di emissione”.

Allo scadere del trentesimo anno dalla loro emissione, ciascun buono aveva maturato interessi per un valore superiore rispetto a quello effettivamente riconosciuto dalle Poste alla signora ascolana al momento della liquidazione.

Sulla scorta delle difese avanzate dall’Avv. Renis, il Tribunale di Vicenza ha condannato Poste Italiane a corrispondere la differenza tra gli interessi riconosciuti alla scadenza e quelli attesi dal cliente anche alla luce del principio di diritto secondo il quale “la discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall'ufficio ai richiedenti può  allora rilevare per eventuali profili di responsabilità interna all'amministrazione, ma non può  far ritenere che l'accordo negoziale, in cui pur sempre l'operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni”.

Come affermato dal Tribunale di Vicenza, in conformità alla pronuncia delle S.S.U.U. n. 13979/2007 richiamata dall’Avv. Renis, il contratto concluso tra le parti e tra le stesse vincolante, prevedeva la promessa di pagamento degli interessi dal ventunesimo al trentesimo anno di emissione nei termini indicati a tergo del Buono, non essendo stata apportata alcuna modifica per il rendimento di questo ultimo decennio, con conseguente riconoscimento alla ricorrente ascolana del maggior rendimento dato dalla rendita fissa bimestrale non capitalizzata riportata a tergo dei buoni.